Sapienza
Roma, 2012
Marcello Piacentini e autori vari, 1932.1935
in Marcello Piacentini architetto 1881-1960, Gangemi editore, 2012
Fotografare architetture di Marcello Piacentini significa cristallizzare e dare forma a un’idea di città fortemente basata sui più profondi concetti legati alla visione. Le architetture, che hanno valore primario nella loro essenza tridimensionale, sono gli attori principali in quel complesso compito di creazione di articolati quadri urbani che delineano il carattere visuale di ogni città. La fotografia rielabora e restituisce, attraverso un’arte della distanza, determinati valori prospettici e materici custoditi nella composizione fisica dei luoghi urbani; nella sua fissità permette di esplorare, in un tempo potenzialmente illimitato, tutti i significati che una immagine veicola attraverso la sua superficie. In queste fotografie, alla visione frontale e simmetrica, che nella sua astrazione bidimensionale sottolinea il carattere di città ideale determinante in interventi come questo o l’E42, si è aggiunta la visione di scorcio che evidenzia la realtà tridimensionale e la plastica articolazione volumetrica delle geometrie piacentiniane. La fotografia, attraverso precise scelte operative, è sempre interpretazione e creazione di un nuovo ordine parziale in grado di porsi come rafforzamento o alternativa a quello creato dalla realtà progettata che rappresenta. Nel fotografare le architetture di Piacentini alla Sapienza si è tentato un accordo con le idee compositive che lo hanno guidato e al tempo stesso si è voluta creare una distanza che non vuole ridurre la fotografia a fatto documentativo, ma interpreta la necessità di anonimato e di anti-individualismo che permeano l’estetica della cittadella universitaria. Attraverso una semplicità figurativa si è certi di amplificare, mettendo le immagini in risonanza con le architetture che rappresentano, i potenti significati conservati tra le silenziose masse murarie, nell’elementarità dei partiti ritmici e nell’efficacia di un chiaro impianto urbano. Le architetture divengono delle meridiane apparizioni che nel ciclico gioco di ombre si fanno scenografie di un eloquente sistema urbano dotato di una forte carica utopica capace di rigenerarlo nel trascorrere del tempo.